Referendum: E adesso che succede?

Dopo la vittoria del No al referendum costituzionale, Matteo Renzi ha detto che lunedì riunirà il Consiglio dei ministri per l’ultima volta e poi andrà al Quirinale per dimettersi da capo del governo. La fine del governo Renzi, nato circa 1.000 giorni fa, apre una fase di grande incertezza per l’Italia sia dal punto di vista politico che dal punto di vista economico: cercare di prevedere cosa accadrà è impossibile, ma qualcosa sappiamo.

Come da prassi, il presidente della Repubblica accetterà le dimissioni del governo Renzi e gli chiederà di restare in carica dimissionario per occuparsi dei cosiddetti “affari correnti” fino all’insediamento del nuovo governo. Poi il presidente inizierà le consultazioni per capire se in Parlamento esista una maggioranza di deputati e senatori interessata a sostenere un nuovo governo, ed eventualmente chi possa guidarlo: Sergio Mattarella vedrà i leader di partito e i capi dei gruppi parlamentari, e poi prenderà una decisione. Potrebbe decidere a quel punto di affidare a qualcuno l’incarico di formare un governo, se una parte maggioritaria del Parlamento dovesse manifestare questa intenzione, oppure sciogliere le camere, porre fine alla legislatura e indire le elezioni anticipate.

È importante qui ricordarsi che il Partito Democratico ha ancora la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera e al Senato, insieme ad Area Popolare: saranno loro a decidere se sostenere o no un altro governo. Potrebbe essere un governo guidato da un politico (si fanno da mesi i nomi di Dario Franceschini e Graziano Delrio), oppure da un tecnico (un altro nome che circola è quello dell’attuale ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan); il nuovo governo potrebbe ricevere un mandato pieno dal Parlamento oppure il solo compito di guidare la scrittura di una nuova legge elettorale prima di andare alle elezioni anticipate. Non lo sappiamo: probabilmente il primo momento in cui si avrà una qualche indicazione sarà la riunione della direzione nazionale del Partito Democratico, prevista per martedì. Sulla base di quanto detto da Renzi dopo la sconfitta, un suo reincarico è da escludere.

La questione della legge elettorale è molto importante. In questo momento in Italia sono in vigore due leggi diverse: una per la Camera e una per il Senato, che l’esito del referendum costituzionale conferma nella forma e nelle funzioni. Quella che vale per la Camera è l’Italicum, che Renzi si era comunque impegnato a cambiare dopo il referendum e sul quale pende un imminente giudizio della Corte Costituzionale; quella che vale per il Senato è il cosiddetto “Consultellum”, cioè il “Porcellum” come modificato dalla Corte Costituzionale, cioè in sostanza un proporzionale puro. Sono due leggi elettorali poco coerenti – una delle quali potrebbe venire mutilata nel giro di pochi giorni – che oggi renderebbe praticamente certo un esito elettorale simile a quello del 2013: nessun partito con la maggioranza assoluta e necessità di formare una grande coalizione.

Per quanto riguarda le altre possibili conseguenze economiche, una delle più importanti è l’approvazione della legge di bilancio, che è stata approvata alla Camera e dovrebbe passare in seconda lettura al Senato. Non è necessario che ci sia un governo in carica con pieni poteri per farla approvare, ma in passato i governi (come quello Berlusconi nel 2011 e quello Monti nel 2012) hanno atteso l’approvazione della legge prima di presentare le proprie dimissioni al presidente della Repubblica. Il governo aveva promesso di inserire alcune modifiche nella legge di stabilità durante la seconda lettura al Senato (per esempio un emendamento per limitare il numero di slot machine), ma non è chiaro se questi provvedimenti saranno portati avanti anche con un governo dimissionario.

Investitori e giornali internazionali sono preoccupati anche per il destino di otto banche italiane che si trovano in grosse difficoltà e che nei prossimi mesi dovranno procedere a complicati aumenti di capitale. Il Monte dei Paschi, in particolare, sta tentando di portare a termine un’operazione particolarmente difficile. Diversi esperti hanno sostenuto nelle scorse settimane che, in caso di caduta del governo, queste operazioni sarebbero state molto più incerte. È difficile prevedere cosa accadrà, ora che Renzi ha annunciato le sue dimissioni, ma in molti ritengono che lo scenario peggiore – ossia un fallimento dell’operazione più importante, quella di Unicredit che dovrà raccogliere 13 miliardi di euro – sia ancora abbastanza remoto.

In ogni caso, nei prossimi giorni è probabile che l’euro subirà delle perdite rispetto al dollaro e che lo spread tra i titoli di stato italiani e i bund decennali tedeschi continui a rialzarsi, come ha fatto nelle ultime settimane: in estrema sintesi vorrà dire che per lo Stato italiano prendere soldi in prestito sarà più costoso.

Fonte: ilPost